Di Michael Kotsch1
L’antisemitismo mortale dei nazionalsocialisti tedeschi non venne fuori dal nulla. Da un lato, in Europa c’erano pregiudizi vecchi di secoli contro il popolo ebraico; poiché erano facilmente riconoscibili come un gruppo di persone indipendenti, in tempi difficili, gli ebrei diventavano spesso capri espiatori. D’altro lato, nel XIX secolo, numerosi stati europei svilupparono un pronunciato nazionalismo. Un’identità di gruppo così forte richiede un’immagine esterna fortemente definita dalla quale è poi possibile prendere facilmente le distanze. Oltre alle nazioni vicine, gli ebrei erano particolarmente adatti a servire come tale immagine nemica.
Dopo la sconfitta dell’impero tedesco nella prima guerra mondiale nel 1918, fu creata in Germania la Repubblica di Weimar. Politicamente, non era un governo stabile. La guerra persa, l’isolamento internazionale, gli immensi pagamenti di riparazione e la crisi economica globale degli anni ‘20 limitarono significativamente le possibilità d’azione del governo. Molti tedeschi piangevano la perdita dell’impero e dell’orgoglio nazionale. Durante questo periodo, comunisti e nazionalisti in particolare, combatterono per il potere nelle città tedesche. Un’importante mossa propagandistica dei nazionalsocialisti fu la diffamazione dei media consolidati, che fu accompagnata dall’offerta di interpretazioni alternative della storia e della politica nelle loro stesse pubblicazioni. Sempre più spesso, “gli ebrei” furono dichiarati il nemico centrale dei tedeschi.
Fusione di nemici
Durante il periodo della Repubblica di Weimar, alcuni ebrei con interessi politici si organizzarono in partiti liberali e socialisti. Tuttavia, solo poco più di quaranta su un totale di 1.795 membri del parlamento tra il 1919 e il 1933 erano di origine ebraica. Il numero crescente di parlamentari nazionalisti e nazionalsocialisti nel Reichstag tedesco negli anni ‘20 portò ad un aumento delle dichiarazioni antisemite fatte pubblicamente dai politici. Gli ebrei erano regolarmente incolpati dei problemi sociali e dei reali o presunti sviluppi politici sbagliati.
Nelle campagne elettorali del 1919 e 1920, i rivoluzionari furono chiamati “bolscevichi ebrei” e la stampa, così come molti politici, misero in guardia da una presunta “supremazia ebraica”. Il trattato di Versailles, che era abbastanza svantaggioso per la Germania, fu dipinto come il risultato di una cospirazione ebraica globale. La Costituzione di Weimar fu criticata come redatta dall’“ebreo” Hugo Preuss. Infatti, la democrazia tedesca era considerata nient’altro che “una repubblica ebraica”. Quando i socialdemocratici indipendenti si schierarono a favore degli ebrei perseguitati in Polonia e in Unione Sovietica, questi furono apertamente castigati da persone quali il teologo protestante Reinhold Mumm del Partito Popolare Nazionale Tedesco (DNVP). Tra le altre cose, furono accusati di aver inventato i pogrom solo per poter portare in Germania il maggior numero possibile di ebrei stranieri.
Nei dibattiti sui pagamenti delle riparazioni tedesche, i politici moderati erano diffamati dai membri nazionalisti del parlamento come agenti dell’ “alta finanza ebraica di Wall Street”. Spesso, quando un politico difendeva i trattati fatti con l’estero, singoli membri del parlamento gridavano a gran voce “ebreo” nella sala plenaria. Per gli estremisti di destra, il Partito Democratico Tedesco (DDP) in particolare era considerato come l’epitome di un’entità che sosteneva e difendeva la repubblica detestata; era apparentemente pieno di ebrei.
Nel 1929, Ernst Graf zu Reventlow (NSDAP) sedeva in parlamento e auspicava la fine della repubblica sotto la “leadership ebraica”. Chiese poi che gli ebrei fossero resi riconoscibili in modo che potessero essere meglio distinti e separati dagli altri tedeschi. Nei primi anni ‘30, il DNVP sostenne l’espulsione e la privazione dei diritti degli ebrei tedeschi. Quando Fritz Löwenthal, un delegato del partito comunista, accusò la NSDAP delle sue politiche diffamatorie e del suo coinvolgimento in disordini violenti, fu liquidato con dichiarazioni quali: “Tu con il tuo naso storto! Impertinente ragazzo ebreo!” e “Ragazzo ebreo, fuori!”.
Nel corso degli anni, i nazionalsocialisti crearono una fusione molto efficace di diverse immagini nemiche che erano difficili da districare per il pubblico. Invece di molti pericoli diversi e talvolta concorrenti, fu propagandato un solo nemico del popolo tedesco. Sulla base dei “Protocolli dei saggi di Sion”, fu sviluppata una narrazione secondo la quale un governo ebraico segreto si stava servendo di industriali americani, commercianti di borsa, comunisti, socialisti e massoni per conquistare il mondo. Coloro che diffusero questa teoria del complotto approfittarono dell’indottrinamento che era iniziato negli anni ‘20, e sostennero che dietro tutti questi gruppi c’era lo stesso nemico mortale: l’ebreo. Naturalmente non c’erano prove a sostegno di questa teoria, soprattutto perché i massoni non volevano avere niente a che fare con i comunisti, e gli ebrei erano brutalmente perseguitati nell’Unione Sovietica socialista. Alla fine, tuttavia, questa improbabile teoria prevalse sulla mente di molte persone, non per le sue buone argomentazioni, ma perché era ripetuta in continuazione e perché era così seducentemente semplice. Ogni minaccia personale, economica e politica, poteva essere spiegata in questo modo, apparentemente per la soddisfazione di un vasto pubblico.
Lügenpresse
Alfred Rosenberg fu il più importante propagandista e ideologo dei nazionalsocialisti negli anni ‘20. Contribuì ad un giornale chiamato Völkischer Beobachter (Osservatore Nazionalista) e, durante il suo lavoro lì, coniò un’espressione che avrebbe avuto un immenso impatto sulla diffusione dell’ideologia nazista. Il termine era Lügenpresse, che può essere tradotto come “stampa bugiarda”. In una campagna aggressiva che iniziò nel 1921, Rosenberg attaccò il governo tedesco per la sua tendenza a cercare di lavorare con ex nemici di guerra. In particolare prese di mira il politico ebreo Walther Rathenau, che sarebbe poi diventato il Segretario di Stato della Repubblica. A causa delle loro politiche pragmatiche, Rathenau e altri membri del parlamento furono dipinti come “agenti vicari” dei nemici della Germania che diffondevano bugie e notizie false a danno di tutta la popolazione. Rosenberg disse che non ci si poteva aspettare altro da un “ebreo”. I media di stato ufficiali che riportavano la reale situazione politica furono ripetutamente e ampiamente diffamati come Lügenpresse organizzate dai partiti di governo. Presumibilmente, questi politici e i loro media non riflettevano più sulla volontà del popolo tedesco. In nome del “popolo tedesco”, Rosenberg presentava allora la sua propaganda nazista. Il fatto che la realtà apparisse spesso diversa e che Rosenberg parlasse per lo più non “in nome del popolo” ma piuttosto in nome di una minoranza nazionalista, non intaccò il successo di questa strategia. Infatti, l’aggressivo reportage di Rosenberg ebbe un tale successo che Rathenau fu assassinato nel 1922 da due studenti nazionalisti.
Nell’anno dell’assassinio di Rathenau, Adolf Hitler iniziò a criticare collettivamente tutti i giornali di sinistra come Lügenpresse. Sosteneva che con i loro resoconti durante la prima guerra mondiale, i liberali ebrei avevano indebolito in modo decisivo la volontà tedesca di combattere. Secondo Hitler, i media non dovevano essere impegnati per la verità, ma per l’obiettivo politico del “popolo”. Esigeva che la stampa si allineasse all’“efficacia psicologica” e non alla riproduzione più affidabile della realtà.
Nel 1933, quando la stampa riportava le aggressioni contro gli ebrei, anche il politico nazionalsocialista Hermann Göring parlava della Lügenpresse e diceva che tali notizie erano basate su menzogne. Anche quando atti di violenza, come la distruzione di negozi ebrei e la profanazione di sinagoghe e cimiteri ebraici, erano molto evidenti e verificabili, Göring li negava come propaganda della “Lügenpresse ebraico-marxista”. Nel corso del tempo, il termine Lügenpresse fu usato in modo intercambiabile con il termine altrettanto negativo di “stampa ebraica”.
Hitler vedeva nell’“ebreo” l’“avvelenatore di sangue” del popolo tedesco, il cui obiettivo era quello di indebolire la più vitale razza ariana attraverso i matrimoni misti. Per Joseph Goebbels, un politico nazista e poi Ministro della Propaganda del Reich, “l’ebreo” era un incorreggibile adoratore del denaro disposto a danneggiare il proprio popolo pur di avvantaggiare il suo interesse privato. Nei discorsi di Goebbels, “l’ebreo” era sempre negativo e “l’ariano” solo positivo. Goebbels sosteneva che i tedeschi erano diventati una nazione di schiavi sottomessa che avrebbe pagato interessi agli ebrei stranieri per l’eternità. Pertanto, dovevano liberarsi da questa schiavitù. Con questa osservazione, Goebbels dichiarò apertamente che i nemici della Germania della prima guerra mondiale erano ebrei.
Una volta che tutti i media liberi furono banditi o politicamente assimilati nella Germania nazista, i giornalisti stranieri furono regolarmente chiamati “stampa d’odio” o “stampa bugiarda”. Ne è un esempio quando i giornalisti francesi attirarono l’attenzione sui piani di espansione militare dei nazisti. Fu prontamente diffuso che il 90% di tutti i giornali di Parigi erano sotto “influenza ebraica” e che le redazioni dei giornali erano composte da “oltre il 70%” di ebrei. Fu suggerito che tali media non dovevano essere creduti.
Disumanizzazione
Negli anni ‘20, molti tedeschi mostravano ancora empatia per gli ebrei, che erano sempre più discriminati. Per smorzare questa empatia, fu introdotto un metodo per disumanizzare gli ebrei. Gli ebrei erano regolarmente raffigurati con un ghigno sprezzante sul volto. Erano ritratti come brutti vecchi che perseguitavano giovani belle ragazze. C’erano anche caricature di tribunali i cui presidenti erano grassi e avidi banchieri. Queste immagini erano destinate a suscitare rabbia e disgusto e a creare distanza. “Non c’è bisogno di provare pietà per queste persone” era questo il concetto trasmesso. Con migliaia di ripetizioni nei media, presto non importò più che queste caricature avessero poco a che fare con gli ebrei che vivevano nella porta accanto.
Nella fase successiva della rappresentazione, gli ebrei persero ogni fattezza umana. Furono ritratti come segreti e malvagi governanti del mondo. In associazione con il racconto della Genesi della caduta dell’uomo, “l’ebreo” fu raffigurato come un serpente ipocrita e pericoloso, spesso adornato con un tipico simbolo ebraico come la Stella di Davide. Un’altra raffigurazione molto usata era “l’ebreo” come un ragno gigante che cerca di impigliare nella sua ragnatela i pacifici tedeschi o il mondo intero. Particolarmente popolare era l’immagine di una piovra gigante seduta sul globo che abbracciava ossessivamente il mondo con le sue braccia. Questo era un simbolo d’effetto per la presunta dominazione ebraica mondiale. Più raramente, “l’ebreo” era anche ritratto come un vampiro che si nutriva del sangue del semplice cittadino tedesco. Costantemente bombardata da tali immagini, anche la persona più empatica non provava più pietà per gli ebrei che erano discriminati perché percepiti ora come una minaccia subliminale e considerati come animali umani.
Stampa antisemita
Dietrich Eckart pubblicò un giornale settimanale antisemita chiamato Auf gut deutsch (“In buon tedesco”). Anche Gottfried Feder e il già citato Alfred Rosenberg contribuirono a questa pubblicazione. Nei suoi articoli, Eckart criticava regolarmente la Repubblica di Weimar e propagava l’antibolscevismo razzista e l’antisemitismo. Chiedeva ripetutamente la fine della “servitù d’interesse” e dei “partiti di sistema” e la proibizione dei matrimoni razziali misti. In quel periodo, Eckart coniò lo slogan “Deutschland erwache” (“La Germania si risveglia”), che fu poi adottato dai nazisti. Il giornale di Eckart riportò positivamente l’assassinio di Matthias Erzbergers, il segretario del tesoro della Repubblica di Weimar, che fu definito un liberale. Più tardi Eckart divenne il caporedattore dell’organo di partito NSDAP, Völkischer Beobachter (“Osservatore nazionalista”).
Un gran numero di lettori era raggiunto dal settimanale Der Stürmer (“L’Attaccante”), fondato nel 1923 da Julius Streicher. Particolarmente popolari erano le storie pesantemente esagerate di cattiva condotta sessuale. In quasi ogni numero, c’erano rapporti dettagliati su stupri, traffico di ragazze, e crimini simili, che erano generalmente attribuiti agli ebrei. Per molto tempo i giornalisti di Der Stürmer si lamentarono dell’ebraicità di Berlino. In effetti, il 30% di tutti gli ebrei tedeschi viveva in quella città. Negli anni ‘20 e nei primi anni ‘30, Berlino aveva una fiorente scena artistica e culturale d’avanguardia. Poiché l’avanguardia era svalutata dai critici culturali conservatori come “non tedesca”, “decadente” e un “tipico prodotto ebraico”, Berlino fu descritta come il “bubbone del Reich”. Scrittori come Lion Feuchtwanger, Kurt Tucholsky, Erich Mühsam, Ernst Toller e Alfred Döblin furono considerati ebrei e rappresentanti di un intellettualismo distruttivo. In risposta a questa apparentemente “arte degenerata”, Alfred Rosenberg scrisse e pubblicò i suoi libri altamente antisemiti The Trace of the Jews in the Course of Time (1919) e The Crime of Freemasonry: Judaism, Jesuitism, German Christianity (1921).
Tuttavia, i nazionalsocialisti non si limitarono ai prodotti di stampa. Dal 1927 in poi, il NSDAP produsse film di propaganda e di intrattenimento che erano particolarmente adatti a trasmettere contenuti politici. All’inizio, Hitler notò che le immagini e le storie emotivamente cariche potevano influenzare le persone molto più facilmente dei libri e dei giornali, che facevano più appello all’intelletto. Gli spettatori si identificavano molto facilmente con “gli eroi tedeschi” e detestavano “i malvagi viscidi ebrei”.
Quando salirono al potere nel 1933, i nazisti approfittarono anche della radio, che era un’altra piattaforma abbastanza nuova che poteva essere usata per diffondere la propaganda. Oltre al puro intrattenimento, venivano regolarmente trasmessi contenuti politici e l’attualità era interpretata dal punto di vista del partito. In quel tempo, agli ebrei era già proibito lavorare nei media.
Negli anni ‘20, Hitler aveva sottolineato l’importanza di usare le esagerazioni nella presentazione delle notizie, poiché esse lasciavano un’impressione più duratura sugli ascoltatori o sui lettori. Le dichiarazioni o bianche o nere erano privilegiate rispetto alle sfumature più leggere, ed egli introdusse anche il metodo di reinterpretare i termini religiosi per i propri scopi. Inoltre, era convinto che finché la critica ai propri avversari politici (come gli ebrei, i liberali e i comunisti) fosse ripetuta abbastanza spesso, la gente alla fine ci avrebbe creduto indipendentemente da quanto fosse inverosimile.
Il giornalismo nazista non mirava tanto a descrivere correttamente la realtà, quanto a screditare la politica in generale e a suscitare l’insoddisfazione per i politici attuali e la situazione sociale del momento. Negli anni difficili del dopoguerra e della crisi economica mondiale, questo fu un compito facile. Particolarmente efficace fu la presentazione esagerata degli scandali, che furono presentati come tipici del “sistema” rifiutato e della “Repubblica incapace”. I confini della decenza e del buon senso erano stati superati così spesso che molte persone si erano abituate a sentire affermazioni arbitrarie e insulti oltraggiosi. I toni forti e a volte anche stridenti dei propagandisti nazisti portarono molte persone a fidarsi del partito perché il partito sembrava essere l’unico privo di scandali. Inoltre, sembrava essere l’unica organizzazione politica che riconosceva i presunti pericoli per la Germania e che era disposta a combattere le minacce con un approccio duro.
C’erano delle case editrici che cercavano di combattere la crescente diffusione dell’antisemitismo nella Germania di Hitler. Una era il Central-Verein deutscher Staatsbürger jüdischen Glaubens (“Associazione centrale dei cittadini tedeschi di fede ebraica”), e l’altra era il Verein zur Abwehr des Antisemitismus (“Associazione per la lotta all’antisemitismo”) interconfessionale. Ma né le loro dichiarazioni fattuali né i loro articoli che trattavano criticamente l’ideologia nazista in giornali come Freie Meinung (“Libera Opinione”) ebbero una grande risonanza.
Avviso per oggi
Purtroppo, in tutto il mondo, assistiamo a sviluppi nei media e nella politica che sono paragonabili a ciò che accadde durante la Repubblica di Weimar. I credenti dovrebbero riconoscere questo pericolo e affrontare ogni tendenza all’ideologizzazione con veridicità e credibilità. Tuttavia, anche oggi, tali tentativi spesso generano meno entusiasmo di semplici e accattivanti slogan che presentano un comodo capro espiatorio che può essere incolpato di tutti i problemi. Pertanto, è importante per i credenti studiare la storia e imparare da essa.
_______________________________________
1 Michael Kotsch ha studiato teologia, religione comparata ed ecologia all’Università di Basilea. È insegnante alla Bibelschule Brake, una rinomata scuola biblica in Germania, e ha incarichi di insegnamento in diverse scuole teologiche, come il Seminario Bucer di Bonn, Germania; l’Università Teologica Statale di Basilea, Svizzera; e l’Accademia Evangelica di Vienna, Austria. È il presidente dell’Associazione Biblica Tedesca e l’autore di trentadue libri pubblicati oltre a numerosi articoli. Michael è sposato e ha tre figli.
_______________________________________
Questo articolo è stato tradotto dal tedesco all’inglese da Christiane Jurik. Si prega di contattare il dipartimento editoriale di Ariel (editorarielministries@gmail.com) per le numerose fonti dell’autore e i dati bibliografici estesi.
Questo articolo è uscito per la prima volta su Ariel Magazine – Spring 2021
Tradotto dall’inglese all’italiano da Martina Pifferi Speciale
I commenti sono chiusi.