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Quando Una Donna Prega

di Jacques Gabizon

Primo Samuele inizia in un momento in cui la condizione spirituale di Israele era in uno dei suoi momenti più bassi. La storia narrata è riportata in Giudici, uno dei libri più tristi della Bibbia, che inizia con molto entusiasmo, quando il popolo inizia ad occupare la terra che Dio aveva dato loro, nonostante fossero circondati da molte nazioni nemiche. Quando Giosuè entrò nel paese, c’erano circa 31 città-stato reali, e al tempo di Samuele, molte erano ancora presenti all’interno del territorio. Quindi, il libro dei Giudici inizia con le parole: “Chi di noi salirà per primo a combattere contro i Cananei?” E il Signore rispose: “Salirà Giuda; ecco, io ho dato il paese nelle sue mani”. Ma in Giuda non c’era nessuno disposto a rispondere alla chiamata.

Quattro volte il libro afferma che  non vi era re in Israele (Giudici 17:6, 18:1, 19:1, 21:25). Infatti, il libro termina con questo versetto e afferma che la terra era piena di conflitti e guerre.

Si potrebbe pensare che questa fosse la fine della nazione di Israele. Ma le promesse di Dio non dipendono dall’uomo, e così in Samuele, Egli inizia a preparare la Sua redenzione. Scelse una donna, Anna, che era sterile e che toccò miracolosamente. Anna diede alla luce Samuele, e Samuele divenne un sacerdote, un giudice e un profeta. Unse anche Davide, da cui sarebbe venuto l’ultimo re di Giuda, il Messia, per salvare il mondo.

Questo breve riassunto del piano di redenzione di Dio da Anna a Yeshua non rende giustizia al fatto che il percorso fu difficile. Non riesce inoltre a dimostrare che la storia di Anna, iniziata con un tragico evento, si trasformò in qualcosa di gioioso e pieno di speranza.

Anna era sposata con Elcana, ma lui “aveva due mogli” (I Sa. 1:2). Ogni volta che si legge che un uomo aveva due o più mogli, c’erano problemi. Il versetto continua: “una di nome Anna e l’altra di nome Peninna. Peninna aveva figli, ma Anna non ne aveva”. Poiché Anna era sterile, la seconda moglie di Elcana la perseguitava senza sosta: “E la rivale mortificava continuamente Anna per amareggiarla perché il Signore l’aveva fatta sterile.” (I Sa. 1:6). La parola ebraica per “rivale” è zarah, da zar, che significa “nemico”. Quindi, questa non era una famiglia felice e Anna soffriva.

Secondo il versetto 7, questa provocazione aumentava quando arrivava il momento di andare al Tabernacolo di Silo ad adorare il Signore, dove Israele offriva le sue primizie e godeva di un ottimo pasto comune. Tuttavia, Anna non poteva partecipare e non aveva niente da offrire al Signore.

La domanda che dobbiamo porci è: dove si trovava Elcana durante questi conflitti? Era il capo famiglia, quindi perché non poteva fermare il conflitto e la persecuzione nella sua stessa casa? Ci viene detto che amava Anna (I Sa. 1:5), ma sembra che non sapesse in che modo portare la pace in casa sua.

La persecuzione contro Anna era così estenuante che non riusciva nemmeno a mangiare (I Sa. 1:7), e così Elcana le chiese: “Anna, perché piangi? Perché non mangi? E perché il tuo cuore è triste? Per te io non valgo forse più di dieci figli?” (I Sa. 1:8). Approccio molto insensibile nei confronti di una donna sterile, non era questo di cui Anna aveva bisogno di sentire, poiché era già sottoposta a tante persecuzioni.

All’epoca il sommo sacerdote era Eli, un uomo molto simile ad Elcana. Erano entrambi molto gentili ma non erano a contatto con la realtà ed erano dei cattivi leader che causavano circostanze di vita caotiche a coloro sotto la loro tutela. I figli di Eli, Pinhas e Hophni, abusavano apertamente e liberamente delle persone grazie alla loro posizione di sacerdoti (I Sa. 2:12-17), rubando e introducendo donne di cattiva reputazione nel santuario. Si comportavano come se Dio non esistesse. Infatti, I Samuele 2:12 afferma che “non conoscevano il Signore”. Eppure, sarebbero dovuto essere i pastori di Dio e avrebbero dovuto comunicare con Dio a nome del popolo. Lo stesso Eli non poteva correggere l’illegalità della situazione e tutto Israele lo sapeva. Sia Anna che Israele furono perseguitati e maltrattati da questi leader, ma la storia s’incentra sul loro sorgere e uscire dal Tohu va Vohu, cioè da questo caos.

La svolta per Anna iniziò al versetto 9, dove si legge che ella  “si alzò”. Ignorando le condizioni che la circondavano, si avvicinò direttamente a Dio e iniziò a pregare il Signore, promettendo di donarGli il prezioso e sperato bambino:

“Dopo che ebbero mangiato e bevuto a Silo, Anna si alzò. Il sacerdote Eli stava in quell’ora seduto sulla sua sedia all’entrata del tempio del Signore. Lei aveva l’anima piena di amarezza e pregò il Signore piangendo a dirotto. Fece un voto e disse: «O Signore degli eserciti, se hai riguardo all’afflizione della tua serva e ti ricordi di me, se non dimentichi la tua serva e dai alla tua serva un figlio maschio, io lo consacrerò al Signore per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà sulla sua testa».

Anna si avvicinò a Dio con umiltà, definendosi tre volte “serva”, che è la parola usata per indicare una schiava. Fece un voto e promise il meglio di ciò che avrebbe mai potuto possedere come offerta a Dio.

Sorge la domanda sul perché Anna abbia fatto una simile promessa a Dio. Era preoccupata per la sua reputazione e voleva avere un figlio in modo che la gente la guardasse più favorevolmente? Leggendo il testo per la prima volta, si può concludere che Anna cercasse una via d’uscita dal costante litigio con l’altra moglie del marito. La preghiera di ringraziamento di Anna in I Samuele 2 rivela che le sue preghiere e ringraziamenti andavano ben oltre le sue condizioni personali, in quanto la sua preghiera, il suo Magnificat, non ha quasi alcun riferimento a se stessa o alla sua situazione personale. Piuttosto, Anna parlò della completa redenzione di Israele e del mondo, arrivando persino a menzionare lo Sheol e persino la risurrezione. Dice anche che la donna sterile avrà sette figli (I Sa. 2:5). Tuttavia, ella stessa ne avrebbe avuti solo sei, quindi, questa lode non parla di lei. Inoltre, termina il suo canto di lode parlando della venuta del Messia, dicendo che “Dio darà forza al suo re ed esalterà il corno del Suo unto” (I Sa. 2:10). Alcuni vedono questa frase e l’intera preghiera come una profezia della storia di Israele da Abrahamo al Messia, interpretando il suo unto come Messia. Ed in effetti, in I Samuele 2:1, Anna menziona inconsapevolmente il nome del Messia ebraico. Il termine ebraico bi-shua-techa (“la tua salvezza”) deriva dalla radice yasha, la stessa radice da cui deriva il nome del nostro Messia!

Questo ci aiuta a leggere  I Samuele 1 alla luce della lode di Anna nel capitolo 2, perché presenta la possibilità che Anna fosse più addolorata dalla condizione di Israele (e specialmente del Tabernacolo di Dio) che dalla sua sofferenza. Essendo una donna di Dio, non poteva che soffrire per Dio alla vista della malvagità. Ciò sarebbe in linea con il modo in cui altri uomini e donne di Dio reagirono quando videro come alcuni diffamavano il Signore. Erano addolorati nel profondo del loro cuore quando il Dio che amavano era insultato.

Primo, Samuele 1:10 spiega: “Lei aveva l’anima piena di amarezza e pregò il Signore piangendo a dirotto”. Queste sono parole molto forti.  L’espressione “amarezza dell’anima” significa un grave dolore profondo nell’anima. Inoltre, in ebraico, le ultime parole, “piangendo dirottamente”, sono in realtà la ripetizione della parola “piangere”. Anna “pianse, pianse”. Anna stava soffrendo come Davide quando disse: “Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi, perché la tua legge non è osservata”. (Sl. 119:136). Il suo zelo era lo stesso che sentiva Geremia, il quale, vedendo la caduta di Israele e l’imminente giudizio, disse: “Io piangerei giorno e notte gli uccisi della figlia del mio popolo!” (Gr. 9:1b). Anna era come Isaia e Paolo e tutti gli altri che piangevano a causa del peccato? Yeshua ha promesso: “Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati”. (Mt. 5:4). Ma afflitti per cosa? Afflitti insieme a Dio per il peccato che ci circonda. Dispiaciuti per la sofferenza e l’abuso che ci circonda. E’ questo il tempo in cui Dio scende e ci conforta, come ha fatto con Anna. Il suo dolore la portò ad essere potentemente usata da Dio; questo, quindi, è l’inizio di una lunga vita di ministero con il nostro Creatore.

Subito dopo aver pianto, Anna dedicò il figlio che non aveva a Dio : “dai alla tua serva un figlio maschio, io lo consacrerò al Signore per tutti i giorni della sua vita”. Dio ascoltò e fu attraverso suo figlio Samuele che Egli salvò il sacerdozio in Israele.

Questo evento potrebbe essere accaduto durante la festa di Pasqua al Tabernacolo di Silo: “Quest’uomo, ogni anno, saliva dalla sua città per andare ad adorare il Signore degli eserciti e offrirgli dei sacrifici a Silo” (I Sa. 1:3). La parola ebraica tradotta nella maggior parte delle nostre Bibbie come “annuale” in realtà significa “di giorno in giorno”. Il Targum lo traduce come “di festa in festa”, poiché c’erano tre feste in cui tutti gli israeliti salivano al Tabernacolo: Pesach (Pasqua ebraica), Shavuot (Pentecoste) e Sukkot (Tabernacoli). A Pasqua, gli israeliti avrebbero offerto il loro primogenito a Dio, ed Anna non aveva altri primogeniti da offrire se non una promessa di dedizione se il Signore le avesse permesso di avere un figlio maschio. Era venuta a mani vuote al Tabernacolo, ma il suo amore per il Signore l’aveva portata a dare il meglio di ciò che avrebbe potuto avere.

A Pasqua, Dio stesso avrebbe offerto il suo primogenito per la salvezza del mondo. Qui, una donna arriva con un’offerta di un primogenito per il bene di Israele. C’è anche un parallelismo tra Anna e Miriam (Maria). Anna diede Samuele, il sacerdote e profeta, per ungere Davide, l’antenato del Messia, e Miriam diede alla luce il Messia.

Ci sono alcune parole degne di nota nel primo capitolo di I Samuele che sottolineano l’importanza delle informazioni fornite in questo testo. Ad esempio, per la prima volta nelle Scritture, in questo capitolo è menzionato uno dei titoli di Dio: “Eterno degli eserciti” (I Sa. 1:11). Dopo che Anna usa questo titolo per la prima volta,  è ripetuto in seguito per più di 260 volte nel resto delle Scritture. Il titolo descrive Dio come sovrano di tutti i poteri in cielo e sulla terra. È da notare che la prima volta che è menzionato questo titolo è grazie a una donna. L’Eterno degli eserciti risponde alla preghiera di Anna, intervenendo nella sua vita e nella vita della nazione. Per la prima volta nelle Scritture è usata anche la parola ebraica tradotta come “tempio”: “Ora, il sacerdote Eli era seduto sul sedile accanto allo stipite del tabernacolo dell’Eterno. (I Sa. 1:9). Finora, nelle Scritture, il luogo dei sacrifici era chiamato mishkan, o “tabernacolo”. In questo versetto, è usata la parola hekal. Ciò è degno di nota, poiché non vi era ancora nessun tempio in Israele. Vi è, tuttavia, un tempio che non è su questa terra, ma in cielo. È il vero e originale Tempio di Dio. In II Samuele 22:7, Davide dice: “Nella mia angoscia invocai il Signore, gridai al mio Dio. Egli udì la mia voce dal suo tempio. Il mio grido giunse ai suoi orecchi”.

Ancora una volta, Davide non avrebbe potuto parlare del tempio fisico di Gerusalemme, poiché non era ancora stato costruito. Quindi, perché la Ruach Ha Kodesh, lo Spirito di Dio, ha ispirato Samuele a parlare del tempio di Dio in questo momento? Una possibile spiegazione è che I Samuele 1:9 sia stato scritto per dire al popolo che il rappresentante del Dio del cielo era qui sulla terra. Il sommo sacerdote Eli, che era seduto sulla sedia del giudizio, non era all’altezza del compito ed era necessario un cambiamento. Anna fu la prima a comprendere la grave situazione, ad andare a Dio e ad essere pronta a lavorare a fianco dell’Onnipotente per portare un cambiamento.

Con questo in mente, il significato del versetto 11 diventa chiaro: “io lo consacrerò al Signore per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà sulla sua testa”. Quando Anna menzionò il rasoio, avrebbe potuto farlo in riferimento a Sansone, suo contemporaneo. Egli era giudice di Israele, eppure fallì nel suo mandato a causa di una cattiva condotta sessuale. Anna offre un giudice migliore, promettendo che questo ragazzo sarà cresciuto mediante le Scritture.

I rabbini che tradussero il Targum capirono la portata dell’offerta che Anna fece a Dio, e invece di tradurre la parola ebraica morah come “rasoio”, usarono la parola “paura”. In ebraico, la parola suona allo stesso modo ed è scritta allo stesso modo, tranne per una lettera. Quindi, invece di dire che nessun rasoio passerà sulla testa di Samuele, i rabbini parafrasarono il versetto e dissero: E il dominio dell’uomo non sarà su di lui (Targum 1Sa.1:11b). Devono aver pensato a Eli, Ofni e Fineas e alle loro bande – persone che erano temute da Israele. Un altro interprete andò un po’ oltre e vide che la parola ebraica per “rasoio”, morah, suonava molto simile alla parola “insegnante”, moreh.  Quindi, parafrasò il versetto scrivendo, servirà davanti al Signore tutti i giorni della sua vita e sarà l’insegnante di Israele. La verità è che Samuele sarebbe diventato entrambi per la nazione: sarebbe stato un uomo che non avrebbe avuto paura e un uomo che avrebbe insegnato la Parola di Dio.

La parola ebraica per “dedicare” è chanoch. È usata per dedicare qualcosa o qualcuno a Dio o al Tempio stesso. Nel contesto biblico, ammaestrare un bambino (Pr. 22:6) significa dedicarlo al Signore ed ammaestrarlo nella conoscenza di Dio, insegnando loro fin da piccoli a non allontanarsi dalle cose del Signore.

Anna promise di portarlo al Tabernacolo di Dio una volta svezzato: “Ma Anna non salì, perché disse a suo marito: «Io non salirò finché il bambino non sia divezzato; allora lo condurrò, perché sia presentato davanti al Signore e rimanga là per sempre».” (I Sam. 1:22). La maggior parte delle persone che leggono questo supporranno che abbia portato Samuele a Eli quando aveva due o tre anni. Tuttavia, il termine che lo Spirito ha usato per descrivere Samuele quando è stato portato al Tabernacolo è “giovane”: “Ora, quando lo svezzò, lo prese con sé, con tre tori, un’efa di farina e una buccia di vino, e lo portò alla casa dell’Eterno a Silo. E il bambino era giovane” (I Sa. 1:24). Nell’ultima frase, e il bambino era giovane, quella stessa parola ebraica naar, è usata due volte. Pertanto, una traduzione migliore sarebbe: “E il bambino era un bambino”. Le Scritture usano il termine naar due volte per descrivere un bambino (Mosè in Esodo 2:6 e il figlio di Bat-Sceba in II Samuele 12:16). Tutte le altre volte, la parola descrive un ragazzo responsabile delle sue azioni – come quegli uomini che vennero alla porta di Lot a Sodoma (Ge. 19:4) o come Absalom, figlio di Davide, quando era già un soldato (II Sa. 18:29). La stessa parola naar significa “agitare”, “scrollare” o “scrollare via”, come se l’individuo avesse raggiunto la fine della sua infanzia. In Isaia 7:16 dice: “Poiché prima che il bambino [naar] sappia rigettare il male e scegliere il bene, il paese del quale tu temi i due re sarà devastato”. L’età della ragione inizia intorno al momento in cui un bambino compie 12 anni. Questo è il tempo in cui ha imparato come conoscere e rifiutare il male.

La ripetizione della parola “bambino” alla fine di I Samuele 1:24 non ha senso a meno che non ci sia un messaggio qui. Una possibile interpretazione è che il Signore attiri l’attenzione del lettore sul fatto che Egli avrebbe allevato un bambino per governare su Israele poiché nemmeno un adulto riusciva a farlo. Questa visione ha senso dal momento in cui Samuele divenne una grande speranza per il residuo degli ebrei, poiché la sua reputazione si diffuse in tutto il paese. Fu attraverso di lui, ancora in giovane età, che Dio dichiarò la caduta di Eli e della sua famiglia.

Durante il periodo della sofferenza, Anna non sapeva che la sua afflizione l’avrebbe portata a vedere come Dio l’avrebbe usata per salvare Israele. Dio sa quando stiamo attraversando un momento difficile. Per il credente, non è mai per niente, perché c’è sempre una ragione per cui i figli di Dio stanno soffrendo. Spesso, attraverso questa sofferenza, si produce un grande frutto. Anche Israele come nazione ha sofferto sotto la guida dei suoi sacerdoti, e proprio come è stato con Anna, Dio ha preparato un periodo di redenzione per lei. Circa 300 anni prima della nascita di Samuele, suscitò un’altra donna, Ruth, che divenne la bisnonna di Davide. Quindi, il piano di redenzione di Dio andò da Ruth ad Anna, da Samuele a Davide. Anche se potremmo non essere sempre in grado di prevedere il piano più alto di Dio, la fede ci dice che Dio è sempre in azione, preparando sempre il meglio per noi, anche se al momento potremmo non vederlo.

Traduzione a cura di Tiziana Pepe

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta da Ariel Ministries USA in Ariel Magazine, nel Giugno del 2019.

  1. Ira Sharkansky, Israel and Its Bible: A Political Analysis (New York and London: Routledge, 1996).
  2.  Vilna Gaon citato da Yosef Weinberger in ArtScroll Tanach Shmuel 1 (Brooklyn, NY: Mesorah Publications, 2011), p.30
  3.  b. Nazir 66a, cited in ibid
  4. Ibid
  5.  P. Kyle McCarter, The Anchor Yale Bible, I Samuel (Vol. 8; New Haven, CT: Yale University Press, 1980).


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